Archivio dell'autore Roberto Demo

Aspiranti cantanti

Di solito ci sono due tipi di aspiranti cantanti.
- Quelli che riescono già a fare cose più che egregie attraverso l’imitazione… pur senza tecnica razionalizzata, sono in grado di cantare “bene”… Questi costituiscono la maggioranza. 
- Quelli che sono affascinati dalla voce, che vorrebbero cantare, perché cantare è bello, liberatorio, salutare, ecc… Questi di solito sono pochi o meglio sono pochi quelli che decidono di intraprendere un percorso didattico, non avendo ben chiare le loro attitudini canore, ma volendo “provare”.
Sarebbe come dire che uno decidesse di studiare la chitarra solo se, prendendola in mano per la prima volta, mettendo le mani a caso, uscisse qualcosa di “sensato”, cioè “musica”. E’ evidente che questo non può succedere con qualsiasi strumento … e perché lo strumento voce dovrebbe fare eccezione?
Certo, l’istinto può fare molto di più sulla voce che non sul piano o su una chitarra (almeno in un primo approccio), ma questa è una condizione mentale che si rivela puntualmente una fregatura. Le strade sono due: o si decide di fare da sé… e allora tutto è accettabile (anche eventuali limiti), o si decide di andare a scuola. In questo caso allora la prima cosa da fare, al di là del metodo, è prendere davvero coscienza dello strumento. Questo richiede una grande costante attenzione… 
… per sempre !!!

Tonalità: un abito da indossare

Spesso si vuole cantare il proprio brano preferito nella tonalità “originale”… soprattutto poi se ci sono note particolarmente acute e quindi “difficili”. Ma questo sarebbe un po’ come scegliere il modello di un abito e volerlo indossare a tutti i costi nella taglia di chi lo indossa già… se no l’abito è meno bello. Fatte salve alcune considerazioni di fondo, in particolare se si suona accompagnati non da una base, ma da musicisti veri, si deve certamente tenere conto delle loro esigenze tecniche. Per questo motivo a volte adattare la tonalità di un semitono, può essere ragionevole… ma rimane il fatto che non è vergognoso cantare un brano in una tonalità anche molto diversa. Nonostante certe abitudini di pensiero molto “popolari”, non “vince” chi canta più in alto. La composizione è come un vestito… lo si può indossare in tanti modi ed in tutte le stagioni !
Per esempio le tonalità delle versioni proposte di “Cry Me a River” sono tutte diverse e vi posso assicurare che la scelta è stata da questo punto di vista assolutamente casuale!
Per curiosità ho riportato le tonalità a fianco dei singoli interpreti… la presunta partitura originale (dal Real Book) è Cm … ma nessuno la canta in quella tonalità !  🙂

Cry me a river

Fu composta da Arthur Hamilton nel 1955 per Ella Fitzgerald la quale chiese delle modifiche al testo, ma Hamilton non accettò e la canzone venne incisa da Julie London. Solo nel 1961 la Fitgerald incise il pezzo che è entrato di diritto tra i brani jazzy blues più famosi. Altre incisioni da ricordare sono quelle di: Joe Cocker, Dinah Washington, Ray Charles, Shirley Bassey, Barbra Streisand,  Aerosmith e Diana Krall.
In Italia, ricordiamo quella di Patty Pravo nel suo album “Bravo Pravo” (1971), mentre Mina la incide in “Sorelle Lumière” doppio album del 1992.
Facendo un giro sul web, ho trovato queste versioni. 
Tre voci bianche e tre nere. Tonalità diverse, stili diversi e… profondità molto diverse.

Julie London (Em) 
http://www.youtube.com/watch?v=BO_g5Ocr4K0&feature=related

Natalie Cole (F#m) http://www.youtube.com/watch?v=x4148eze7Ss&feature=related

Mina (Gm) 
http://www.youtube.com/watch?v=cvjr9Q6ZckA

Ella Fitzgerald (Abm) 
http://www.youtube.com/watch?v=2Gn9A-kdsRo&feature=related

Barbra Sterisand (Bbm) 
http://www.youtube.com/watch?v=2TA6LQmP0ec feature=related

Ray Charles   (C#m) 
http://www.youtube.com/watch?v=9h5psTSgSXk&feature=related

Ear training – pensare le note

Noi riusciamo a cantare bene solo i suoni che riusciamo a pensare. Non è facile “pensare” un suono… ma quante volte ci è capitato di credere di poter cantare una melodia, per poi scoprire (cantandola) di non saperla bene? Si comincia, ma poi ad un certo punto le note non sono più chiare e ci si ferma… “come faceva ?”
Se proviamo a pensare una melodia più semplice, probabilmente avremo maggiori possibilità di successo, ma le melodie più elaborate vanno studiate e relazionate alla tonalità, in modo da sentire che la nota “difficile” che ci crea qualche problema di intonazione, ha un suo posto nella scala, rappresenta un certo “grado”.  Provare a riprovare “finché viene” non è affatto un sistema sicuro per imparare una melodia. 
Serve ragionare sulla note… un modo per poter “vedere i tasti bianchi e i tasti neri”.

Aforisma – Gibran

Il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta ed il battito del cuore di chi ascolta.
Khalil Gibran, Il Profeta, 1923

Regalatevi una canzone

Non importa se pensate di poterlo fare bene o meno. La tecnica non conta. Conta il fatto di farlo, di provarci. Quando è stata l’ultima volta in cui avete cantato una canzone a qualcuno? … proprio per lui o per lei ? Ed a voi stessi ?  Vi cantate una canzone ogni tanto, tutta per voi ? 
E‘ una coccola irrinunciabile.  Volersi bene è fondamentale per volere bene anche agli altri !

Interpretazione

Interpretare un brano significa generalmente riuscire a trasmettere quelle sensazioni ed emozioni proprie della composizione originale (anche se questo a volte può essere fatto in un modo anche molto diverso dall’originale). Interpretare una composizione significa farla vivere ogni volta come se fosse la prima, senza una particolare versione acquisita in mente, ma “semplicemente” passandoci attraverso, dando nuova vita a ciascuna frase.
Spesso l’interpretazione è lasciata al caso… frutto di ascolti di altri interpreti e di un sentire personale molto vago. Certo l’estro di ciascun interprete rimane fondamentale, ma è possibile ragionare sugli ingredienti che a volte irrazionalmente vengono utilizzati per cercare di sviluppare nuove idee che, diversamente, difficilmente verrebbero in mente.
L’interpretazione infatti mette insieme una serie di variazioni del tema originale e più precisamente, gli ingredienti che vengono utilizzati sono riconducibili e quattro elementi:

– variazioni ritmiche
– variazioni melodiche
– variazioni dinamiche
– variazioni timbriche.

Buon divertimento !

Ear training

L’allenamento all’ascolto è una pratica estremamente utile per chi suona o canta, a qualsiasi livello. Ci sono varie pubblicazioni in commercio, magari con approcci diversi e indirizzi più classici o jazzistici, esistono software dedicati e siti internet su cui si possono fare alcuni esercizi… anche gratuitamente. Il riconoscimento della distanza tra due suoni costituisce il primo ingrediente essenziale per una buona intonazione, mentre il riconoscimento della distanza di più suoni contemporaneamente (accordi), permette lo sviluppo di quel senso armonico sempre presente in ogni composizione, al di là del genere musicale. Esiste poi l’elemento ritmico: terzo ingrediente fondamentale della musica, dopo la melodia e l’armonia (ma non meno importante!). La pratica che ne consegue può essere davvero entusiasmante e ricca di soddisfazioni.  Anche se in un primo momento sembra di brancolare un po’ nel buio, dopo poche settimane tutto assume un aspetto decisamente più accattivante e ben presto si potrà scoprire che noi possiamo cantare in modo più preciso le melodie, senza rinunciare alla comprensione del senso armonico del brano e con quella precisione ritmica che può davvero fare la differenza dal punto di vista interpretativo.

Strumento a corda o a fiato ?

La voce viene prodotta dalle corde vocali, ma per produrre suono abbiamo anche bisogno dell’aria. E allora come possiamo catalogare lo strumento vocale? 
Diciamo subito che non è uno strumento a corda. E’ vero, il suono viene prodotto dalle “corde” vocali, ma sebbene la Fisica acustica descriva il mondo delle “vibrazioni” sonore e quindi la produzione della voce e del suono di una chitarra o di un violino in modo coerente,  le “corde” vocali non vibrano come le corde di una chitarra o di un violino. Le differenze sono tante: prima di tutto le corde vocali sono solo due… ma soprattutto hanno bisogno l’una dell’altra per funzionare correttamente, mentre le corde della chitarra o del violino possono suonare insieme, ma sono tra loro indipendenti. 
La similitudine è senza dubbio maggiore con uno strumento a fiato, in cui l’aria viene fatta passare all’interno di uno “scatolotto” (la laringe) nel quale le corde vocali possono vibrare, grazie ad una certa pressione generata dal diaframma. Di fatto la Voce è uno strumento a parte… anche per la sua  “istintività” e difficoltà percettiva dal punto di vista fisico-muscolare (più volte citata nelle settimane passate).

Consapevolezza

Parlare, prima ancora di cantare, è una pratica istintiva. Impariamo un linguaggio per imitazione e spesso quando parliamo ci sembra di “non fare nulla”, tanto è scontato poterlo fare. Salvo poi scoprire che in determinate circostanze sentiamo la voce affaticata, ma non sappiamo bene perché, né sappiamo cosa fare. Un primo approccio un po’ più consapevole allo strumento potrebbe essere quello di provare a pensarlo nelle sue diverse parti anatomiche… dal basso verso l’alto. Dove comincia e dove finisce lo strumento? Cosa fa parte realmente dello strumento? Dal punto di vista prettamente meccanico, quali sono le parti del nostro corpo che permettono al suono di essere generato e messo in risonanza? Dov’è la laringe ? Cos’è? Quali sono le sue funzioni ?
Il problema è che molte di queste “parti” non sono visibili, ma spesso nell’elenco mancano anche le parti visibili e palpabili… sintomo evidente di scarsa consapevolezza.