considerazioni

Don’t prepare – Non pianificare troppo

Continuiamo il nostro viaggio nelle lezioni di “Improv Wisdom” di Patricia Ryan Madson. Oggi parliamo del secondo principio: “Don’t prepare”, ovvero “non pianificare, non prepararti troppo”.

La pianificazione è un tentativo, spesso futile, di controllare il mondo in cui ci muoviamo, per sua natura imprevedibile. Sforzarsi a programmare le proprie attività e preoccuparsi eccessivamente del futuro è una perdita di tempo e di energie. Anche le aspettative che ci poniamo rispetto agli altri e agli eventi spesso vengono disconfermate, generando delusione, insoddisfazione e infelicità. 

Il segreto per una vita serena e piena sta invece nella capacità di stare nel presente, mantenendo una visione d’insieme della strada da percorrere e della interrelazione con gli altri esseri viventi: sentire se stessi e sentire gli altri nel qui ed ora, percepire l’energia che scorre e ci unisce, lasciar andare quel che abbiamo dentro, fidandoci della vita e del nostro potenziale.

Nell’articolo di approfondimento che vi proponiamo oggi, https://www.stateofmind.it/2014/06/obiettivi-felicita/, Oliver Burkman, basandosi su ricerche e interviste della psicologa Saras Sarasvathy in ambito organizzativo, argomenta che gli sforzi che facciamo per raggiungere gli obiettivi che pensiamo ci renderanno felici, in realtà ci allontanano da tali obiettivi e dalla felicità stessa. La nostra ansia per il futuro infatti ci orienta spesso a prendere le decisioni più difficili solo per liberarci dall’insicurezza: ed oggi più che mai nella storia ci è richiesto di imparare ad accogliere e abbracciare l’incertezza, facendo tesoro della nostra capacità di essere flessibili ad ogni cambiamento, di apprendere in modo non convenzionale, di rimodulare non solo il percorso ma anche i nostri obiettivi, insomma di saper improvvisare.

BG

 

 

 

 

 

Improvvisare: ovvero, come allenarsi al qui ed ora

“La vita è come il jazz: viene meglio quando si improvvisa.” (G. Gershwin)

 

Inadeguatezza e paura dell’errore

Nella nostra quotidianità ci accade spesso di sentirci sopraffatti dall’ansia di sbagliare, dalla paura di non essere all’altezza, di non sentirci adeguati alla situazione, di non essere abbastanza capaci. Tante volte, per il timore di dire qualcosa di stupido o di banale, non apriamo bocca: vorremmo dire la nostra e poi ci tratteniamo per il timore di essere giudicati.

Alla base di queste paure sta il senso di inadeguatezza che tutti noi, in misura variabile, ci portiamo dietro: una sensazione di essere “meno” degli altri, frutto dell’accumularsi di giudizi frettolosi che ci sono stati dati nel passato, di paragoni fatti con altri fratelli o figli di amici, di situazioni in cui realmente – da bambini o da adulti – non siamo stati adeguati alla situazione.

E così ci abituiamo a vivere dietro una corazza che crediamo utile a proteggerci, ma che in realtà ci nasconde: crediamo di ripararci dal rischio di sbagliare un’altra volta (come se l’errore fosse sempre irrimediabile o comunque solo un peso vergognoso e inaccettabile) ma di fatto non facciamo altro che stare nell’ombra e guardare passivamente la vita che va avanti, senza il coraggio di entrarci dentro davvero, privandoci delle vibranti emozioni dell’innovare, del rischiare, dell’esplorare oltre i confini della nostra zona di comfort.

La trappola del perfezionismo

Improvvisare significa innanzi tutto stare nel qui ed ora, essere sempre e costantemente centrati, in relazione con noi stessi, con i nostri compagni di performance, con l’ambiente e con ogni stimolo esterno o interno. In pochi secondi dobbiamo formulare una nuova idea, rispondere ad un pattern, reagire ad un input, e con ridottissimo tempo per pensare.

Questa contrazione del tempo dedicato al pensare ci impedisce di metterci nella condizione di preparare necessariamente qualcosa di bello, adeguato, giusto, degno dell’approvazione e dell’ammirazione altrui: e dunque siamo spinti a lasciar andare il giudizio interno, a metter a tacere quella voce interiore che ci chiede di essere sempre perfetti.

Spesso non ne siamo consapevoli, ma dietro la paura di non essere all’altezza c’è sempre un’idealizzazione di perfezione.  “Devo dire o fare sempre la cosa giusta” “Non posso permettermi di sbagliare” “Devo sempre dare il meglio.” E’ come se per una parte di noi permettersi di sbagliare o di non essere perfetti significasse correre un rischio enorme: il rischio di non essere accettati, di essere giudicati o, quel che è peggio, non amati e abbandonati. Pur sapendo, a livello razionale e conscio, che questa convinzione non è basata su un dato reale, le nostre parti più profonde, che risiedono nell’area più antica del nostro cervello in cui abitano le paure, credono fermamente che sbagliare sia terribilmente grave.

Questo è quello che spesso ci blocca nella vita, nel prendere decisioni, nel fare delle scelte o nell’esprimersi in un gruppo: la convinzione che quello che facciamo o diciamo debba sempre essere originale, intelligente, degno di nota, e che ottenga una valutazione positiva da parte di tutti coloro che ci stanno intorno. In questo modo però non facciamo che staccarci dal piano di realtà, andando a collocarci in una posizione lontana, astratta, mentale, in cui siamo in continua ricerca della cosa “migliore” mentre la vita vera prosegue, e noi la guardiamo passare.

Il potere dell’errore

L’improvvisazione ci aiuta a rompere la corazza della nostra paura di sbagliare e a bloccare tutto questo processo di convinzioni fasulle. Non c’è tempo per pensare, non c’è un modo perfetto di fare: tutto deve fluire e scorrere, non c’è una cosa giusta ma solo quello che ci viene istintivamente e arriva spontaneamente stando in ascolto del contesto e attenti alle proposte degli altri, al servizio della musica.

Nell’improvvisazione scopriamo che non c’è mai un errore perché tutto, qualunque idea, può sempre essere rimessa in gioco, le si può sempre dare un senso e può diventare portatrice di valore. L’errore diventa una grande occasione di innovazione, perché ci porta fuori da ciò che avevamo previsto: e, quando siamo nel flusso della creazione collettiva, siamo costretti a trovare un senso anche a ciò che sembrava non averlo. L’errore si trasforma in un contrappunto, in un nuovo “mattoncino” su cui costruire. Dobbiamo accoglierlo e attivare tutta la nostra presenza, superando la preoccupazione di aver sbagliato e ripartendo immediatamente per dare nuova vita alla performance.

Fiducia in sé, fiducia negli altri

Nel gioco dell’improvvisazione siamo sempre in relazione con gli altri: la responsabilità non è tutta sulle nostre spalle, ma il risultato creativo è sempre frutto di una co-costruzione. Questo presuppone anche imparare a fidarsi dell’Altro oltre che di noi stessi, ad accettare il contributo di tutti dandogli adeguato spazio di importanza, a cercare un risultato collettivo più che individuale.

Improvvisando ci alleniamo a superare un pensiero disfunzionale che ci blocca e ci estranea dalla realtà, per entrare in contatto con un presente attivo e stimolante, con il qui ed ora. Se ci alleniamo a stare in contatto con ciò che accade, se non ci diamo il tempo di farci ingombrare la testa da pensieri limitanti, ci accorgeremo che le cose arriveranno fluide, che le nostre stesse idee ci sorprenderanno piacevolmente: e potremo meravigliarci del fatto che anche una cosa semplice e apparentemente banale, se coerente ed armoniosa con il contesto, è esattamente ciò che ci vuole per dare un senso a quel momento, a quella performance.

E la nostra stessa vita riacquisterà poco alla volta la bellezza del fluire.

BG

 

 

Canta fino a dieci… o undici!

Volete 10 buoni motivi per iniziare a cantare in un coro? Eleonora Bettinelli, blogger e anima della pagina Facebook “L’amante di musica classica imbruttito”, ce li propone nell’articolo semiserio Canta fino a dieci.

Motivi nobili e meno nobili che ci possono stimolare per unirci ad una formazione corale: benessere, relax, socialità, esercizio mentale, sviluppo della fiducia, divertirsi, anche in modo irriverente! Il tutto condito da brevi video di esempio delle infinite possibilità espressive che il canto corale ci offre, spaziando dalle forme più classiche a quelle più contemporanee, creative e imprevedibili.

Anche noi vi invitiamo ad unirvi ad un coro, ad un coro come nessun altro: un coro in cui si sperimentano arrangiamenti originali di brani pop, rock, gospel e jazz, ma insieme si dà spazio all’improvvisazione, alla creazione istantanea, alla ricerca della composizione collettiva ogni volta diversa e originale, grazie ad un lavoro di sviluppo dell’ascolto, dell’ear training e delle tecniche di direzione corale tratte dal Vocal Painting di provenienza nordica. Parliamo dell’approccio “The Intelligent Choir”, codificato dal danese Jim Daus Hjernøe, su cui potete trovare qui un approfondimento.

Singfulness Choir, di prossimo avvio a Torino, è questo e molto di più: venite a conoscerci, e aggiungerete il vostro undicesimo personale motivo alla lista!

BG

Stare nel flusso

“…ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier fará ritorno.”       (G. Leopardi)

Rientro alla quotidianità dopo le vacanze: è sempre un momento difficile. Anche se torniamo ricaricati e riposati, con rinnovate energie, il pensiero di affrontare la routine di lavoro, studio, casa, impegni, responsabilità ci instilla una certa malinconia. Quest’anno si aggiunge a questo stato d’animo il senso di incertezza che l’epidemia del Covid-19 porta con sé da alcuni mesi. L’estate pareva averci regalato una certa immunità dal virus, ma le notizie di questi giorni ci dicono che non è stato proprio così: ancora non è chiaro cosa ci riserveranno i mesi autunnali e invernali e come si configurerà la nostra “nuova normalità”. Le nostre capacità di sviluppare resilienza ed armonia interiore saranno dunque sempre più essenziali: saperci mantenere sereni e saldi, trovando in noi stessi la motivazione e la spinta ad accogliere quel che arriva.

Dice il maestro della Mindfulness Thich Nhat Hanh che “A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma a volte il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.”. E noi, che più di ogni altra cosa amiamo cantare, rinforziamo il concetto con il pensiero dello psicologo William James: “Non si canta perché si è felici; si è felici perché si canta.” Le neuroscienze hanno ormai dimostrato gli effetti del canto sui processi neurochimici: cantare e improvvisare cantando potenziano la produzione di ormoni generatori di buon umore e diminuiscono quella degli ormoni stressogeni. Lo studio citato nell’articolo   http://www.thevoiceland.net/ormoni-e-canto-ecco-cosa-svela-la-scienza/ riporta in particolare l’efficacia del canto e dell’improvvisazione nel portare le persone verso lo “stato di flow”, ovvero uno stato ottimale per lo svolgimento di una performance caratterizzato dal sentirsi pienamente e piacevolmente immersi in ciò che si sta facendo. L’esperimento mostra che i partecipanti, cantando in gruppo ed in particolare improvvisando, sperimentavano la condizione di “social flow”, cioè una dimensione psicologica che coinvolge anche la percezione dell’interazione con gli altri, vissuta come un’esperienza di qualità e gratificante. Cantare insieme dunque promuove una più efficace connessione con le nostre riserve di ottimismo e ci aiuta a “stare nel flusso” positivamente insieme agli altri. Una perfetta terapia per questi tempi di incertezza. Bentornati, vi aspettiamo!

BG

Le note tra le righe

Cari lettori di Passaparola,

quasi pronti per le vacanze? Immaginandovi intenti a preparare i bagagli in vista del meritato riposo estivo, abbiamo pensato di dedicare un apposito articolo in questo numero della nostra newsletter per proporvi qualche piccolo consiglio di lettura. Che siate sotto un ombrellone in riva al mare o al fresco di una pineta tra i monti o anche solo sul balcone di casa, siamo certi che un buon libro è sempre un’ottima compagnia. Naturalmente, per voi che sappiamo essere appassionati di musica, abbiamo preparato una “compilation” (o, come si direbbe oggi, una playlist) di romanzi nei quali la protagonista è la musica.

La relazione tra musica e letteratura è strettissima fin dalle origini; se pensiamo all’etimologia stessa della parola, possiamo ricordare che gli antichi Greci con la parola mousiké intendevano l’insieme delle tre arti ispirate dalle muse – poesia, musica e danza –, e non esisteva strumento ritenuto più efficace e sublime della mousiké per l’educazione dell’uomo. Il rapporto tra musica e parole, tra musica e narrazione, si è creato molto anticamente nella storia della civiltà e in modalità del tutto naturali: le narrazioni epiche di tutte le tradizioni – sia colte che popolari – vedono infatti attuarsi nel canto la connessione spontanea di parole e musica. Pur servendosi di canali diversi per entrare in sintonia con il fruitore, musica e letteratura hanno la capacità di trasmettere, quando si rivolgono a uno spirito recettivo, un analogo sentire artistico. Diceva Goethe che “la musica comincia dove le parole finiscono”. O forse, più semplicemente, scrittura letteraria e sentire musicale, scrittura musicale e sentire letterario, sfumano l’una nell’altro, spesso in modo inconscio o non del tutto percettibile.

Il rapporto di reciproca ispirazione tra musica e letteratura è dunque una costante nella storia dell’espressione artistica, ma è innegabile che a partire dal XX secolo, grazie soprattutto alla nascita di generi musicali più popolari, si sia intensificato e vivacizzato. La tendenza degli scrittori a servirsi delle sette note per raccontare la propria epoca è divenuta sempre più frequente, specie nella narrativa. E dunque molti romanzi, da grandi classici del ‘900 fino a racconti contemporanei di giovani autori, sono pervasi dalla presenza della musica come personaggio, contesto ispiratore, leit motiv, anima stessa della narrazione.

Ecco allora 20 titoli che vi suggeriamo per la vostra estate: storie in cui la musica è passione, genio, desiderio, mania, sogno, salvezza o destino. Per rendervi la scelta più facile, li abbiamo organizzati per generi: così ciascuno potrà scegliere la propria musica preferita.

 

CLASSICA E DINTORNI

Thomas Mann, Doktor Faustus – Oscar Mondadori

Lev Tolstoj, La sonata a Kreutzer – Feltrinelli

Pascal Quignard, Tutte le mattine del mondo – Analogon

Tiziano Scarpa, Stabat Mater – Einaudi

Thomas Bernhard, Il soccombente – Adelphi

Abraham Yeoshua, La comparsa – Einaudi

 

ATMOSFERE ROCK – POP

Nick Hornby, Alta fedeltà – Guanda

Hanif Koureishi, Il buddha delle periferie – Leonardo

Salman Rushdie, La terra sotto i suoi piedi – Oscar Mondadori

Gianluca Morozzi, Chi non muore – Guanda

Ann Tyler, Una vita allo sbando – Guanda

Jonathan Coe, Questa notte mi ha aperto gli occhi – Feltrinelli

David Grossman, Qualcuno con cui correre – Oscar Mondadori

 

ARMONIE JAZZ E BLUES

Geoff Dyer, Natura morta con custodia di sax – Il Saggiatore

Haruki Murakami, Wada Makoto, Ritratti in jazz – Frontiere Einaudi

Alessandro Baricco, Novecento – Feltrinelli

Levi Henriksen, Norwegian Blues – Iperborea

Kazuo Ishiguro, Notturni: cinque storie di musica e crepuscolo – Einaudi

Toni Morrison, Jazz – Pickwick

Haruki Murakami, A sud del confine, a ovest del sole – Einaudi

 

Buone vacanze a tutti e buona lettura!

Barbara Gherra

La seconda tenda

Elke Van Hoof, psicologa clinica e docente dell’Università Vrijie di Bruxelles, in un articolo pubblicato lo scorso aprile sul sito del World Economic Forum (vi proponiamo qui la versione completa tradotta), definisce il lockdown il più grande esperimento psicologico di sempre”. Mai nella storia infatti un numero così ampio di persone (oltre 2 miliardi e 600 milioni sono quanti hanno subito periodi di quarantena) è stato sottoposto a tanti fattori di stress contemporanei: isolamento sociale, paura per la salute propria e dei propri cari, angoscia di morte, ansia per il futuro personale e professionale, disperazione per la sopravvivenza futura. Un quadro da emergenza mondiale, che è facile prevedere porterà con sé una diffusa “epidemia secondaria” di burnout psicologico.

L’autrice ricorda che negli anni ’90 in Francia si era per la prima volta sperimentato un nuovo approccio, oggi diventato prassi internazionale, per far fronte alle situazioni di emergenza collettiva, ad esempio catastrofi naturali, disastri aerei, attacchi terroristici: questo modello integra il triage medico, ovvero la “tenda di soccorso” per quanti sono stati feriti, con quello psicologico, una “seconda tenda” per il supporto alle ferite invisibili, quelle della mente. Di fronte al Covid-19 il mondo si è affrettato a predisporre la prima tenda, con il potenziamento delle terapie intensive, ospedali di emergenza, ricerche per vaccini e terapie, ma sta appena iniziando ad approntare la seconda. Il che significa non soltanto predisporre sportelli di ascolto – curati da psicoterapeuti e counsellor – accessibili e sostenibili, ma anche assicurarsi che le persone capiscano che una reazione psicologica è del tutto normale, educare le persone sull’impatto psicologico atteso e sulle reazioni al trauma, accertarsi infine che siano in atto interventi di auto-aiuto.

E su questo tema dell’autoconsapevolezza e del self-help psicologico, un altro interessante articolo del World Economic Forum illustra la strategia proposta dal NHS – il Sistema Sanitario Nazionale britannico: tra le 14 raccomandazioni per proteggere la propria salute mentale troviamo quelle di restare connessi con le persone care, offrire supporto agli altri, mantenere il corpo in movimento, tenere attiva la mente con attività pratiche e/o artistiche, regalarsi del tempo per fare ciò che si ama, restare focalizzati e vivere il momento presente. E quindi come non pensare al cantare e improvvisare insieme come terapia di auto-sostegno di gruppo per uscire dal trauma della pandemia? Speriamo di poter riallestire al più presto la nostra “seconda tenda” e di aprirla a tutti coloro che vorranno unirsi a noi.

 

BG

L’importanza del coro – J.Rutter

YouTube player

Non serve aggiungere altro…

Il canto: una pratica mindfulness

La bellezza delle cose spesso sta nella loro semplicità. Come per il canto. Altre volte la magia delle cose sta nella loro complessità, nascosta nel loro continuo mistero. Come il canto, l’amore o vivere il presente. Ho letto che alcuni ricercatori ritengono che l’orecchio umano sia troppo complesso per pensare che sia fatto solo per sentire il linguaggio. Noi siamo progettati per ascoltare suoni molto più complessi e articolati. Siamo fatti per ascoltare e fare musica… che nella sua forma più primitiva, intima ed essenziale, significa cantare. I benefici del canto, come ben sappiamo, sono innumerevoli sia a livello fisico che psicologico. Cantare rilascia dopamina e ossitocina nel cervello, riducendo la produzione degli ormoni e sostanze tipiche dell’ansia, dello stress e responsabili dell’alta pressione sanguigna, aumentando di conseguenza il nostro livello di benessere e felicità. Cantare, oltre a metterci in contatto con il nostro corpo, ha la potenza di aprire i nostri cuori, muovere le nostre emozioni, esprimere cose che non verrebbero espresse diversamente.

Ma oltre a tutti questi benefici, cantare ci porta nel momento presente. E’ un esercizio che ci invita costantemente a stare nel qui e ora, è in qualche modo una modalità per meditare… è mindfulness… e come tale può davvero essere una pratica trasformativa. Cantare ci risveglia ad una vita più consapevole e serena, perché strettamente connessa al nostro respiro, conferendoci una maggiore apertura e connessione con le altre persone e con il mondo. Chi può farne a meno?

E’ una pratica che, come diceva Jo Estill, l’ideatrice del metodo VoiceCraft (oggi Estill Voice Training), “non è diversa da una pratica sportiva”, in cui specifici muscoli vengono attivati per ottenere il suono che desideriamo. E facendo questo si bruciano calorie e si fa crescere la quantità di ossigeno nel nostro cervello, facendoci sentire più vivi, attenti e presenti. Cantare ci riporta a casa e ci fornisce una via per una vita più presente e gioiosa. Cantare è per tutti. Tutti possono e dovrebbero cantare. Se puoi parlare, puoi cantare. Eppure per alcune persone il canto e quindi l’uso della propria voce a fini espressivi è una pratica troppo intima. La nostra voce infatti fa spesso da specchio a ciò che siamo, rivelando una parte di noi che per qualcuno è “troppo privata”. Cantare in effetti ci rende vulnerabili e quindi ci richiede il coraggio di aprirci al mondo per farci ascoltare. Accettare di essere vulnerabili ci permette di aumentare la nostra sensibilità e quindi la nostra capacità di connessione con gli altri. In altre parole la vulnerabilità, a cui nessuno di noi può sottrarsi, è da considerarsi come una risorsa, piuttosto che un motivo di debolezza. Si dovrebbe cantare almeno una volta al giorno… una canzone qualsiasi, perché mentre cantiamo la nostra presenza aumenta, permettendoci di entrare più in contatto con noi stessi ed avere una serie lunghissima di benefici. E allora usiamo il canto per cambiare le nostre vite. Cantare ci guarisce da dentro. Cantare ci aiuta a connetterci con Dio. Tutto nell’universo vibra. Il suono è vibrazione. Tutto è suono, tutto canta! In principio c’era il suono…

 

 

Fidati della tua voce

bocche su neroIl suono della nostra voce è come l’iride e le impronte digitali, un elemento distintivo personale. Assolutamente unico ed inimitabile!  La voce rivela chi siamo e racchiude una potenzialità di una piccola orchestra. 
Le 5 vocali rappresentano gli strumenti più naturali, mentre le consonanti possono generare un sorprendente set di percussioni … semplicemente usando le proprie 2 corde vocali. Conoscere la propria voce significa usare una parte di sè in modo più consapevole e mirato. Fidarsi della propria voce rappresenta un passo verso una maggiore consapevolezza, sviluppando la propria creatività e il proprio senso artistico. Non c’è età in cui non sia indicato e consigliato cantare. Cantare aiuta a vivere meglio! Fidati della tua voce!

Qui e ora… secondo il Dalai Lama

Ha scritto il Dalai Lama:

“Ci sono solo due giorni all’anno in cui non si può fare niente:

uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani,

perciò oggi è il giorno giusto per amare, crede, fare e principalmente vivere”…

ed io aggiungo: cantare !! … improvvisando…

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