La canzone che celebra il leggendario jazz club Birdland, il celebre locale di New York sulla 52ª Strada, così chiamato in onore del sassofonista Charlie Parker, soprannominato “Bird”. La canzone parla di come, nonostante il locale sia ormai scomparso da tempo e siano passati molti anni, la gente possa ancora sentire il ritmo, lo spirito e l’energia della musica e delle celebrazioni che vi si svolgevano. Composto dall’austriaco Joe Zawinul e registrato dai suoi Weather Report per l’album Heavy Weather del 1977, si tratta di un tributo al locale che lui stesso ebbe modo di frequentare da giovane. Pur trattandosi di un pezzo in puro stile fusion, il brano ottenne un inusuale successo commerciale e divenne uno standard del jazz, entrando nel repertorio di molte orchestre e solisti. Il brano “fu una rivelazione per molti appassionati e per i giovani musicisti che diventavano adulti negli anni Settanta. I critici sottolinearono che Birdland incorporava nel suo groove celebrativo una storia degli stili del jazz”. Nella versione originale Birdland è facilmente riconoscibile, oltre che per l’orecchiabile melodia, per l’introduzione di Jaco Pastorius fatta di armonici artificiali suonati con il suo basso fretless.
Divenuto un cavallo di battaglia del gruppo, contribuì a far vincere ai Weather Report un Grammy Award per l’album dal vivo “8:30” nel 1980. Il gruppo The Manhattan Transfer ne realizzò una versione vocale con un testo appositamente scritto da John Hendricks. Il testo allude anche ad alcuni grandi del jazz come Charlie Parker, Miles Davis, John Coltrane e Thelonious Monk, che hanno suonato al Birdland e hanno contribuito a creare la ricca storia del locale. Questa versione fu pubblicata nel 1979 nell’album Extensions e fece vincere al gruppo i suoi primi due Grammy Awards. Seguirono numerose altre versioni, tra cui quella di Quincy Jones nel suo album del 1989 “Back on the Block”.
Vediamo ora di capire il testo: Bop (forse non è un musicista, ma potrebbe intendere il be-bop), Max è Max Roach percussionista, Miles è Miles Davis tromba, ‘Trane è John Coltrane sax tenore, Basie è Count Basie pianista, Blakey è Art Blakey batterista, “Cannon Ball” è Julian Edwin Adderley , sax contralto.
Una curiosità: nel 1987 il brano fu usato per la pubblicità dell’Amaro Ramazzotti. PR
Pare che l’espressione sia stata incisa in una trincea da un soldato sconosciuto durante la prima guerra mondiale: l’ufficiale e scrittore Piero Jahier la trascrisse come epigrafe di una raccolta di Canti del soldato (Milano, 1919). Nella prefazione (firmata con lo pseudonimo di Pietro Barba), Jahier parla del «buon consiglio che un fante compagno aveva graffiato nella parete della dolina: canta che ti passa».
In realtà la funzione terapeutica del canto è nota sin dall’antichità, e ha ispirato miti come quelli del cantore Orfeo. Restando nell’ambito della letteratura italiana, si veda questo verso di Petrarca (Canzoniere XXIII, 4): Perché cantando il duol si disacerba.
Il mito di Orfeo pare risalga almeno al V secolo a.C., ma personalmente sono convinto che l’origine, non tanto del proverbio quanto della veridicità di questa pratica, almeno nella sua forma più istintiva ed inconsapevole, sia molto molto più antica e si trovi nell’origine dell’Uomo stesso, che si dice abbia cantato prima ancora di parlare.
Nel 1977 uscì un film che ebbe un successo straordinario e diede notorietà mondiale all’attore John Travolta: La febbre del sabato sera (Saturday Night Fever), diretto da John Badham. Nella prima sequenza dopo i titoli di testa, dove il protagonista Tony Manero cammina con passo ritmato e baldanzoso per le strade di New York, con tutto il suo fascino strafottente, gli fa da sottofondo una canzone, scritta dai fratelli australiani Barry, Robin e Maurice Gibb, che è rimasta negli anni una delle canzoni più celebri e popolari dei Bee Gees: Stayin’ alive.
La pellicola venne concepita come un vero e proprio omaggio alla disco music e al fascino dominante negli anni settanta. La colonna sonora della pellicola vendette circa 41 milioni di copie in tutto il mondo; all’epoca diventò il disco più venduto di sempre, primato che mantenne fino alla pubblicazione di Thriller di Michael Jackson, ed occupa tuttora il quarto posto nella classifica dei lavori discografici con maggiore successo commerciale, in particolare proprio il brano Stayin’ Alive dei Bee Gees, che con questo film ritrovarono una nuova stagione di gloria.
Il produttore esecutivo della colonna sonora Robert Stigwood era anche il manager dei Bee Gees, e chiese al gruppo di scrivere un paio di canzoni per il film sul quale stava lavorando. In quel momento, il film era ancora in uno stato di mero progetto, privo persino del titolo. Le uniche indicazioni che Stigwood poté dare ai fratelli Gibb furono dei riferimenti sulla moda della musica disco che impazzava in quegli anni.
Stayin’ Alive venne scritta nel giro di pochi giorni dai componenti della band e venne registrata agli Château d’Hérouville Studios vicino a Parigi. Durante le registrazioni del brano morì la madre del batterista Dennis Byron, che fu costretto ad interrompere i lavori, quindi i Bee Gees dovettero cercare un rimpiazzo, e non riuscendo a trovarne uno in quella zona della Francia decisero di registrare e riprodurre un nastro magnetico nel quale veniva ripetuto all’infinito un frammento di batteria di Night Fever, altro brano da loro appena realizzato e che avrebbe avuto molto successo; il gruppo accreditò poi le parti di batteria di Stayin’ Alive ad un fantomatico “Bernard Lupe” (forse da “loop”?).
La RSO Records, l’etichetta discografica del gruppo, voleva che la canzone venisse chiamata Saturday Night, in modo da fungere da title track per l’album, ma i tre fratelli insistettero per cambiare il titolo, poiché pensavano che fossero già presenti troppi brani che contenevano nel testo la parola “saturday” (“sabato”); c’era inoltre già una canzone, Night Fever, ad avere al suo interno la parola “night” (“notte”). Stigwood rivelò il titolo del film (nell’originale inglese Saturday Night Fever, quindi contenente anch’esso il termine saturday) al gruppo prima della realizzazione della canzone, e fu in quel momento che a Maurice Gibb venne l’idea di battezzare il brano Stayin’ Alive.
Dopo La febbre del sabato sera, Stayin’ Alive è stata inserita nella colonna sonora di decine di film, spesso con intenti diversi rispetto al suo primo utilizzo e principalmente in modo parodistico. In una famosa scena del film comico L’aereo più pazzo del mondo, il brano (accelerato rispetto alla versione originale) fa da sottofondo ad una esagerata sequenza di danza, parodia del genere disco. La canzone inoltre si è sentita in numerosi altri film. Il brano, spesso indicato come la signature song del gruppo, è ancora oggi molto ascoltato in numerose occasioni, in particolar modo quando si desidera ricreare le atmosfere degli anni settanta.
Per il brano, i Bee Gees ottennero un Grammy Award nel 1979 nella categoria “miglior arrangiamento vocale per due o più voci”.
“Life goin’ nowhere, somebody help me…” Il testo evoca i momenti di disperazione e la difficoltà di vivere in una grande città dove tutti cercano il successo, ma dove bisogna combattere duramente per “stayin’ alive”, rimanere vivi.
P.R.
Volete 10 buoni motivi per iniziare a cantare in un coro? Eleonora Bettinelli, blogger e anima della pagina Facebook “L’amante di musica classica imbruttito”, ce li propone nell’articolo semiserio Canta fino a dieci.
Motivi nobili e meno nobili che ci possono stimolare per unirci ad una formazione corale: benessere, relax, socialità, esercizio mentale, sviluppo della fiducia, divertirsi, anche in modo irriverente! Il tutto condito da brevi video di esempio delle infinite possibilità espressive che il canto corale ci offre, spaziando dalle forme più classiche a quelle più contemporanee, creative e imprevedibili.
Anche noi vi invitiamo ad unirvi ad un coro, ad un coro come nessun altro: un coro in cui si sperimentano arrangiamenti originali di brani pop, rock, gospel e jazz, ma insieme si dà spazio all’improvvisazione, alla creazione istantanea, alla ricerca della composizione collettiva ogni volta diversa e originale, grazie ad un lavoro di sviluppo dell’ascolto, dell’ear training e delle tecniche di direzione corale tratte dal Vocal Painting di provenienza nordica. Parliamo dell’approccio “The Intelligent Choir”, codificato dal danese Jim Daus Hjernøe, su cui potete trovare qui un approfondimento.
Singfulness Choir, di prossimo avvio a Torino, è questo e molto di più: venite a conoscerci, e aggiungerete il vostro undicesimo personale motivo alla lista!
BG
“…ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier fará ritorno.” (G. Leopardi)
Rientro alla quotidianità dopo le vacanze: è sempre un momento difficile. Anche se torniamo ricaricati e riposati, con rinnovate energie, il pensiero di affrontare la routine di lavoro, studio, casa, impegni, responsabilità ci instilla una certa malinconia. Quest’anno si aggiunge a questo stato d’animo il senso di incertezza che l’epidemia del Covid-19 porta con sé da alcuni mesi. L’estate pareva averci regalato una certa immunità dal virus, ma le notizie di questi giorni ci dicono che non è stato proprio così: ancora non è chiaro cosa ci riserveranno i mesi autunnali e invernali e come si configurerà la nostra “nuova normalità”. Le nostre capacità di sviluppare resilienza ed armonia interiore saranno dunque sempre più essenziali: saperci mantenere sereni e saldi, trovando in noi stessi la motivazione e la spinta ad accogliere quel che arriva.
Dice il maestro della Mindfulness Thich Nhat Hanh che “A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma a volte il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.”. E noi, che più di ogni altra cosa amiamo cantare, rinforziamo il concetto con il pensiero dello psicologo William James: “Non si canta perché si è felici; si è felici perché si canta.” Le neuroscienze hanno ormai dimostrato gli effetti del canto sui processi neurochimici: cantare e improvvisare cantando potenziano la produzione di ormoni generatori di buon umore e diminuiscono quella degli ormoni stressogeni. Lo studio citato nell’articolo http://www.thevoiceland.net/ormoni-e-canto-ecco-cosa-svela-la-scienza/ riporta in particolare l’efficacia del canto e dell’improvvisazione nel portare le persone verso lo “stato di flow”, ovvero uno stato ottimale per lo svolgimento di una performance caratterizzato dal sentirsi pienamente e piacevolmente immersi in ciò che si sta facendo. L’esperimento mostra che i partecipanti, cantando in gruppo ed in particolare improvvisando, sperimentavano la condizione di “social flow”, cioè una dimensione psicologica che coinvolge anche la percezione dell’interazione con gli altri, vissuta come un’esperienza di qualità e gratificante. Cantare insieme dunque promuove una più efficace connessione con le nostre riserve di ottimismo e ci aiuta a “stare nel flusso” positivamente insieme agli altri. Una perfetta terapia per questi tempi di incertezza. Bentornati, vi aspettiamo!
BG
Come non stupirsi delle possibilità di movimenti e posizioni poetiche dei nostri corpi fino ad ora inesplorati? Come farne uno strumento creativo a disposizione della propria espressività ?
Attraverso la frequentazione di spazi nella natura e nell’arte, e la condivisione di vocabolari di gesti, si arriva a comporre dialoghi, che si esprimono con il linguaggio del movimento del corpo umano. Una poesia i cui versi si snocciolano tra ossa e muscoli , sguardi, palpabili emozioni.
Dalla necessità del gesto si può fluire all’atto creativo . Un andare e tornare, naturalmente lieve e concreto . Abitare liberamente i propri corpi . Partecipare liberamente alla presenza altrui. Esplorare con rinnovati sensi la percezione dei luoghi . Scoprire come l’esserci possa trasformarsi in una danza.
Rosa Cerri, danzatrice, coreografa, docente di Tai Ki Kung
Attraverso l’uso creativo della propria voce, si sviluppano ascolto, assenza di giudizio, fiducia, autostima, accettazione dell’errore, consapevolezza, e varie dimensioni delle relazioni umane.
Una esperienza nuova a cui tutti possono partecipare semplicemente lasciandosi andare… improvvisando.
Circlesinging guidata, improvvisazione libera su pattern e cenni di Vocal Painting.
Una proposta per rilassarci ascoltando le vibrazioni profonde delle nostre voci, per giocare con la propria creatività, dando vita ad una musica totalmente nuova.
Roberto Demo, cantante, improvvisatore, vocal coach EVT.
Info e Iscrizioni : Endra 3929484415
Sabato 5.9.2020 ore 10-18, con pausa pranzo
Costi: giornata intera 60€ – mezza giornata 40€
Pratica in ampi spazi all’aperto e al chiuso secondo necessità.
Evento nel rispetto della normativa attuale per la tutela della salute pubblica.
In questo periodo di isolamento forzato la preoccupazione per quanto stavamo vivendo ci ha spesso buttato addosso un sentimento di tristezza se non addirittura di depressione. Mi sono chiesto più volte quali strumenti usare per far fronte a periodi così difficili e cercando in rete mi sono imbattuto in questo articolo che parla di una ricerca molto interessante … “lupus in fabula”.
In un esperimento, modificare la tonalità della voce è servito anche a far cambiare l’umore delle persone. Una scoperta che apre scenari bizzarri ma interessanti per intervenire su disturbi come la depressione. Per chi è interessato ad approfondire non rimane che cliccare qui.
Come dice il famoso monaco buddhista Thich Nhat Hahn: “A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma a volte il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia“.
Prosegue il nostro cammino nel mondo delle App musicali e nello specifico delle applicazioni che ci permettono di registrare loop audio. Oggi allarghiamo un po’ la nostra visuale, andando a parlare di Acapella, un’altra App molto divertente da usare, che non solo registra l’audio, ma anche il video, affiancando le varie finestre relative alle linee melodiche (o ritmiche) registrate e sovrapposte.
Acapella esiste in versione limitata gratuita ed in versione completa attraverso un abbonamento mensile o annuo, che permette di affiancare fino a 9 finestre e fornisce anche una serie di strumenti di elaborazione del video e del suono, come equalizzatori, riverberi, delay che consentono una personalizzazione delle registrazioni molto interessante ed utile.
La prima cosa da fare è scegliere il “frame”, cioè il numero delle finestre nelle quali registrare le varie parti vocali e la durata massima della registrazione. Quindi è sufficiente selezionare una finestra e trovare l’inquadratura migliore. E’ ovviamente consigliabile l’uso delle cuffie, per non ri-registrare le tracce già finite su quella nuova (problema già trattato, comune a tutti i registratori multitraccia e le loopstation).
Una caratteristica molto simpatica è che si possono fare delle registrazioni anche parziali, lasciando libere alcune finestre “da completare” da qualche altro cantante o musicista noto o assolutamente sconosciuto. E’ possibile infatti caricare la “song” da completare in un’apposita sezione “collab” del sito di Acapella, fatta apposta per proporre nuove collaborazioni ai diversi utenti. E’ possibile inoltre seguire gli autori più interessanti… un altro piccolo mondo all’interno della sfera dei social.
Questo è l’ultimo dei miei giochini. Cliccateci sopra…
Unico neo di questa divertentissima App è che esiste solo per il mondo Apple (iOS) e non per quello Android. Per gli utenti Android esiste un’App simile “Acapella Maker”, che ad un primo approccio sembra identica, ma che in realtà non funziona altrettanto bene a causa delle solite difficoltà di sincronizzazione del primo loop/video, come già accennato parlando di “Loopstation” e “Loopify” (sempre App per Android). Diciamo che si può in qualche modo ovviare al problema usando la nota App “TikTok”, ma non è proprio la stessa cosa.
Se volete vedere un po’ di altri esempi e cimentarvi con le collaborazioni proposte da altri cantanti provenienti da tutto il mondo, vi consiglio di iscrivervi alla pagina Facebook “Singing Together across the globe with Acapella and TikTok”